Internet Neutrality è il principio secondo cui i provider di servizi internet e le istituzioni dovrebbero trattare equamente tutti i dati circolanti sulla rete, senza discriminare arbitrariamente od imporre tariffazioni differenziate in base ad utente, contenuto, sito, piattaforma e modalità di trasmissione.
Il termine è stato coniato nel 2003 da Tim Wu, docente di Diritto dei Media alla Columbia Law School ed era originariamente inteso come un principio di progettazione per cui una rete informativa raggiungerebbe la massima utilità nel momento in cui tratti allo stesso modo tutti i contenuti, siti e piattaforme.
E’ da tempo oggetto di dibattito se tale principio si debba e possa tradurre in un diritto tutelato dalla legge: la dottrina si divide tra chi ritiene necessario limitare la possibilità dei provider di utilizzare il cosiddetto “ultimo miglio” per bloccare o discriminare determinati contenuti o applicazioni (come avvenne nei casi di Comcast nel 2008 negli USA o di Tele2 nel 2007 in Italia, che limitavano o impedivano l’utilizzo di software p2p agli utenti delle proprie reti) e chi invece ritiene primaria la tutela della libertà di mercato e della libera attività di impresa dei provider.
Attualmente è il Brasile ad aver introdotto la regolamentazione più definita in materia, richiedendo ai provider di garantire pari velocità di accesso alla rete senza costi aggiuntivi per servizi quali VoIP e streaming video. In Europa il panorama è ancora in via di assestamento: lo scorso settembre è stato approvato dal Parlamento UE il pacchetto “Telecoms Single Market” che, oltre porre le basi per l’eliminazione delle tariffe di roaming all’interno dell’Unione, definisce il concetto di neutralità della rete, ma la ratifica e la promulgazione da parte del Consiglio, previste per giugno, devono ancora superare lo scoglio di una forte opposizione a livello nazionale.
Negli USA la recente proposta della FCC (Federal Communications Commission) di introdurre la possibilità per i provider di richiedere tariffe aggiuntive per garantire una velocità adeguata ai fornitori di servizi ad alto utilizzo di banda, con la condizioni che tali tariffe siano “ragionevoli dal punto di vista commerciale”, ha già causato ripercussioni: non solo il riaccendersi della polemica tra sostenitori e detrattori della net neutrality, ma anche, ben più concretamente, il definirsi di un nuovo ostacolo per le start up che operano nel settore dei servizi internet. Secondo questo articolo del Mit Technology Review, se i grandi attori del mercato potranno permettersi di pagare per un’accesso più veloce alla rete, le start up si troveranno ad affrontare, in partenza, uno svantaggio che rischia di dimostrarsi insuperabile. Di fatto secondo le parole di Brad Burnham, managing partner di Union Square Ventures, i venture capitalist, in reazione all’annuncio della FCC, stanno già orientando i propri investimenti lontano da start up che si occupano di video e media in generale (a causa della grande quantità di dati da trasmettere ad alta velocità) e di gestione mobile di portafogli e transazioni (che necessitano di tempi di risposta immediati).